martedì 9 luglio 2019

Franceschiell', ultimo Re




....se tuorn' !


L’orgoglio e il senso di appartenenza, spesso, non è materia commestibile per noi del Sud; la storia ci insegna che in passato alti personaggi furono attratti dal richiamo di chi aveva tutti gli interessi ad aggregare il Regno delle Due Sicilie al “nuovo” che avanzava. Corsi e ricorsi. Questi siamo.


Liborio Romano fu prefetto di Polizia di Napoli nominato dal re Francesco II di Borbone nel 1860, e nello stesso anno seguì la nomina di Ministro degli Interni.
Il quel momento storico tanto particolare, mentre Garibaldi risaliva la penisola con il suo esercito, Romano cominciò a pensare ai “cazzicielli” suoi e avviò contatti sia con Garibaldi che con Cavour per far sì che il passaggio dai Borbone ai Savoia avvenisse in maniera serena, e un pò comoda per lui.  Fu lo stesso Romano a convincere re Francesco II a lasciare Napoli, e a ritirarsi nel castello di Gaeta, senza porre resistenza ai Piemontesi per evitare battaglie e spargimento di sangue. Fu lo stesso Romano ad andare ad accogliere Garibaldi senza porre resistenza, anzi con festeggiamenti organizzati in luogo. Era il 7 settembre 1860; e il giorno prima re Francesco II, prima di partire per Gaeta, radunò per il saluto tutti i Ministri e funzionari e con la sua solita aria da strafottente disse a Don Liborio:
 - Don Libò, guardat’ o cuollo”, (bada alla tua testa) che se tuorn..! 
E in quel frangente volle ricordare il Ministro Michele Giacchi al quale aveva detto:

-  Voi sognate l’Italia e Vittorio Emanuele, ma non vi resteranno neanch’ ll’uocchie pe’ chiagnere.

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