mercoledì 18 ottobre 2017

Rino, il Marchese, il cappello e ....le viole

(Mio fratello è figlio unico- Rino Gaetano 1976) 





Il 18 ottobre 1781 segna la fine della guerra d’indipendenza americana, in quel giorno l’esercito americano, con a capo il generale George Washington, congiuntamente alle truppe francesi, guidate dal marchese La Fayette, sconfissero definitivamente l’esercito inglese e proclamarono lo stato d’indipendenza.
Il marchese francese La Fayette ebbe un ruolo importante in quell’impresa, ma poi si rese ancora più determinante durante la rivoluzione francese e l’avvento della monarchia costituzionale.

Un personaggio particolare, per molti ambiguo e suona ulteriormente strano trovarlo menzionato in un testo di Rino Gaetano, “Sfiorivano le viole”:

“il marchese La Fayette ritorna dall’America importando la rivoluzione e un cappello nuovo”

È chiaro il riferimento alle sue gesta americane e al ruolo avuto nella rivoluzione Francese, ma con il riferimento al “cappello nuovo” cosa ha inteso indicare Rino Gaetano?

Si pensa, e potrebbe essere vero, che con quell’appendice alla frase il cantautore calabrese volesse sottolineare il fatto che La Fayette avrebbe voluto inserire il colore bianco, nella coccarda già rossa e blu, per poi appuntarla sul “cappello” di Luigi XVI.

Altra ipotesi, nobile e di altissima valenza, potrebbe essere che il Marchese durante la seduta dell’Assemblea Nazionale, abbia proposto e fatto inserire come “cappello”, della nuova Costituzione, la Proclamazione dei Diritti dell’Uomo come pietra miliare del nuovo Stato.
Questo suo volere potrebbe trovare risposta nella nascita dello stato della Virginia, che come “cappello”, alle leggi costituzionali, aveva inserito una Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo; in quell'America che l'aveva visto protagonista.


E se il “ cappello nuovo” a cui fa riferimento Rino Gaetano dovesse essere quello dei diritti dell’uomo, beh che dire “ chapeau!”, e per la prima volta, precisamente in Francia, il vecchio continente indossava un vero “cappello nuovo”.

lunedì 16 ottobre 2017

Quando il pugno arriva..




Il giorno 16 Ottobre 1968, alle Olimpiadi di Città del Messico, lo statunitense Tommie Smith fu il primo uomo a scendere sotto i 20 secondi (19,83) nei 200 metri piani. In quella gara, che poi passò alla storia, e non solo dello sport, si piazzarono al secondo posto l’australiano Peter Norman e al terzo posto ancora uno statunitense, John Carlos.
Smith è nato nel Texas nel ‘44, è il settimo di undici figli, suo padre lavora nelle piantagioni di coton. Carlos è nato nel ’45 ed è figlio di un calzolaio, nato e cresciuto ad Harlem e Norman, nato nel ’42, è figlio di un macellaio.

I fatti dell’anno.

Nei primi mesi del ’68 si erano verificati fatti che non rendevano tranquilli gli organizzatori delle Olimpiadi.
A marzo il massacro di My Lai aveva riempito le cronache di guerra; soldati statunitensi saccheggiarono un villaggio di civili nei paraggi di Saigon causando la morte di circa 350 persone (vecchi, donne e bambini).
Il 4 Aprile, nel balcone davanti alla sua camera d’albergo a Memphis, viene assassinato con un colpo di fucile, M.L.King.
Il Maggio Francese porta alla ribalta del mondo le lotte dei movimenti giovanili contro il potere gollista; i manifestanti mossero i primi passi verso la liberalizzazione dei costumi contestando anche il vecchio sistema delle università; furono proteste che coinvolsero anche il mondo operaio. E poi ancora l’uccisione di Bob Kennedy, il dramma del Biafra e la Primavera di Praga.
Fatti e situazioni che avevano portato gli atleti di colore a organizzare una sorta di boicottaggio dei giochi; poi la decisione fu quella di partecipare e di portare al petto una coccarda, un simbolo contro le diseguaglianze.

Il podio

Le cronache narrano che prima di salire sul podio l’australiano Norman notò i due statunitensi intenti a prepararsi per salire e chiese cosa stessero facendo. I due risposero:
- saliremo scalzi sul podio, solo calze nere, per ricordare al mondo lo stato di povertà, e poi indosseremo dei guanti neri ..
E mentre dichiaravano i loro intenti al collega australiano, si accorsero di aver dimenticato un paio di guanti, fu allora che Norman suggerì loro di indossare uno ciascuno. Così fecero.
La scena rimase impressa negli obiettivi di molti fotografi e bucò le telecamere delle televisioni presenti.
Carlos indossò anche una collana di piccole pietre per commemorare idealmente coloro che avevano perso la vita per l’impegno in favore dei diritti umani. Norman volle esprimere solidarietà e si fece dare una coccarda che attaccò al petto.
I tre salirono sul podio; i due americani con un pugno alzato (Smith il destro, Carlos il sinistro) coperto dal guanto nero e calze nere ai piedi; Norman fissò lo sguardo dritto davanti a sé tenendo le braccia lungo i fianchi, come se stesse sull’attenti per rispetto dei colleghi e della causa che aveva mosso quella misurata e particolare protesta.

martedì 3 ottobre 2017

Rock...e curiosità








Sono passati quarantasette anni dalla pubblicazione di “Atom Heart Mother”, uno degli album dei Pink Floid , considerato da loro stessi un'opera minore e di estrema ordinarietà.
Gilmour e company avevano voluto confezionare il loro lavoro con una copertina leggera e semplice; fu così che Thogerson, il designer, per la copertina, ebbe l’idea di una mucca, ispirato dall’opera di Andy Warhol “ Cow wallpaper”.







Non perse tempo, andò per i campi dove pascolavano mandrie di frisone e fu lì che fotografò una  mucca. Fu così che  Lullabelle entrò a fare parte della storia del rock.





Anche il titolo “Atom Heart Mother” ebbe origine in maniera particolare. "Atom Heart Mother" non era stato altro che un titolo del giornale “London Evening Standard”, (quotidiano londinese allora distribuito gratuitamente) un articolo che colpì Roger Waters e  raccontava di una donna incinta a cui era stato impiantato un pacemaker.
L’immagine della mucca come copertina e un titolo di un articolo di giornale completarono il quadro per definire l’opera e avviare al lancio del loro quinto disco.
Piccola curiosità:  la traccia di Atom Heart Mother doveva divenire un pezzo della colonna sonora del film “Arancia meccanica” di Stanley Kubrick, ma gli autori non diedero la liberatoria poiché il regista aveva paventato l’idea di usare solo spezzoni in diverse parti del film.