I tre giorni della Repubblica
di Caulonia.
Ebbe breve durata, dal 6
al 9 Marzo del ’45, quella che è ormai è passata alla storia come la Repubblica
Rossa di Caulonia. Da tanti sconosciuta da tanti altri dimenticata, ma nella sua
singolarità potrebbe agevolare qualche riflessione su qualche tratto della
storia della Calabria.
Non fu una rivolta contro
il fascismo, nel periodo in cui avvenne, la Calabria era stata già liberata
dagli alleati, ma fu una insurrezione popolare, per lo più di braccianti,
contro i proprietari terrieri e contro i soprusi subiti durante il periodo
fascista.
A capo di questa rivolta
si pose il sindaco dell’epoca Pasquale Cavallaro, nominato dall’allora Prefetto
di Reggio Calabria.
Rientrato dal confino e
dopo essere stato un attivista partigiano, Cavallaro non solo assunse la responsabilità
della gestione amministrativa del Comune, ma pensò di avviare un’azione per la
distribuzione di terreni coltivabili ai braccianti. La reazione dei latifondisti
non si fece attendere e si vissero giorni di alta tensione, di caos e scontri. L’apice
della rivolta si ebbe quando il sindaco, dopo l’arresto di alcuni attivisti,
tra cui il figlio Ercole, a capo di un gruppo di braccianti, ordinò l’insurrezione
dando l’assalto alla caserma dei Carabinieri per liberare i detenuti; poi fece
occupare la sede del telegrafo e sul campanile della chiesa venne issata una
bandiera rossa con falce e martello, proclamando così la Repubblica di Caulonia.
IL PCI venne avvisato con un telegramma:
- Insurrezione, come non mai in Calabria, con centro Caulonia,
dopo superba soddisfazione ottenuta, est fermata. Solo un morto. Fascisti et
reazionari, tutti intendano il basta-
Il morto a cui fa riferimento il Cavallaro è il parroco Gennaro
Amato, ucciso dentro la canonica. Non mancarono altre azioni di violenza contro
altre persone.
La sommossa venne sedata il 9 di marzo, i rivoltosi vennero
isolati e disarmati; il 15 di aprile il sindaco Cavallaro rimise il mandato al
Prefetto di Reggio.
A seguito di questi fatti vi fu un processo e circa 360
partecipanti alla rivolta furono accusati di banda armata, violenze e omicidio.
L’amnistia del Ministro Togliatti evitò a tanti la pena, solo
in tre furono condannati: i due autori dell’uccisione del parroco e Pasquale
Cavallaro, come mandante dello stesso.
Altre piccole note di cronaca.
·
L’eco della rivolta aveva varcato i confini nazionali tantoché
Stalin durante una trasmissione a Radio Praga ebbe a dire: << ci voleva
un Cavallaro per ogni città>>
·
Corrado Alvaro, che conosceva personalmente Pasquale Cavallaro,
cita gli avvenimenti di quei giorni nel libro “ Mastrangelina”.
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