(Libera interpretazione di un fatto narrato da Don Ninì Polistena)
Avere degli ideali, e vivere cercando di perseguirli poiché pensi che siano i più giusti e che possano essere il cemento per una società più civile e più giusta, credo sia un comune denominatore per tutte le coscienze. Farsi portatori di istanze politiche è altresì cosa molto comune, connaturata nell’uomo e si manifesta a tutti i livelli: sia locali che nazionali.
Ebbene, dalla dinamica della contesa e della contrapposizione ideale, per lunghi anni, non fu scevro nemmeno il Circolo Operaio di Oppido (di cui mi onoro di essere socio non residente). Sarà perché Oppido è sempre stato un comune politicamente attivo dove le contrapposizioni politiche hanno dato vita ad accese battaglie tra diverse e opposte fazioni.
Il Circolo Operaio, frequentato negli anni dalla classe operaia, dagli artigiani e negli ultimi tempi anche dalla piccola borghesia, è stato spesso un luogo di contrapposizione di idee, di cordate e di fazioni nate col proposito di dare un direttivo per la gestione dello stesso. Infondo bisognava gestire le entrate: le bollette dei soci; e le uscite: salario del messo, canone simbolico per l’affitto dei locali, abbonamento televisivo, l’acquisto di due quotidiani e tutte le spese straordinarie che riguardavano arredi (sedie, tavolini e divani).
Tutto filava liscio fino a pochi mesi prima delle elezioni del direttivo, in prossimità di questa scadenza cominciavano i movimenti per la composizione delle quadre da proporre come nuovo direttorio. Ogni potenziale candidato a Presidente portava cose nel pacchetto delle candidature il Segretario e il Cassiere. Questa funzione si rivelava di notevole importanza, poiché era colui che ogni fine mese doveva provvedere alla riscossione delle bollette; una presenza massiccia di morosi stava a indicare una scorretta amministrazione.
Ma la cosa che assumeva un certo peso politico era la capacità di trattare in termini economici le forniture delle bibite: perlopiù la birra.
Le sale erano adibite al gioco delle carte: Popolo, Calabrisella, Tresette, Briscola, Scopa e a volte qualche Ramino; ma durante domeniche e festivi si combinavano squadre di fuoriclasse per interminabili passatelle a Padrone e Sotto (a primera). Non vi erano limitazioni di sorta, ma il buon socio doveva essere: educato, non doveva bestemmiare, non doveva gridare e tenere comportamenti irriguardosi nei confronti di tutti, e non ultimo doveva pagare l’obolo in maniera regolare. Chi contravveniva ai regolamenti rischiava la sospensione (da parte dei probi viri) per un tempo congruo in rapporto a quanto aveva combinato.
Fu così che Totò, spinto da una voglia di cambiamento, decise di prendere parte attiva all’amministrazione e si candidò a Presidente, con Don Ninì candidato alla carica di Segretario.
Il ticket era di quelli forti, nomi importanti, personaggi di rilievo dell’associazione; uomini probi, degni di cariche anche più importanti nella piccola comunità oppidese.
La sfida venne lanciata all’amministrazione uscente; i cavalli di battaglia per la campagna elettorale furono i temi classici: riscossione corretta delle bollette, abbellimento della sede, cambio del panno della carambola. La campagna elettorale fu tosta, senza esclusione di colpi; i centotrenta votanti furono, in quei mesi, coccolati da tutti i candidati; da parte dei nuovi ogni occasione era buona per denigrare l’operato degli uscenti, così come gli uscenti non perdevano colpo per dire che i nuovi non avevano l’esperienza giusta per il governo del Circolo.
Venne il giorno delle elezioni; il seggio fu aperto alle 8 di mattina e per tutta la giornata, presidente e due scrutatori condussero con solerzia le operazioni di voto.
Alle 20,00 il seggio venne chiuso e si registrò un afflusso 128 votanti, il 98,5 % degli aventi diritto.
Subito dopo la chiusura dell’urna il presidente di seggio predispose i tavoli per lo spoglio, furono chiamati i probi viri per prendere in maniera diretta allo di scrutinio.
A ogni scheda scrutinata un brusio riempiva la sala, la trepidazione saliva in entrambi gli schieramenti. Fu un testa a testa fino all’ultima scheda; e quando il presidente di seggio diede lettura dei risultati:
Votanti 128
Totò G. voti n° 67
Ciccio Z. voti n° 57
Schede bianche/nulle n° 4
<< Proclamo eletto Presidente Totò G. ! >>
Urlò in maniera solenne il presidente di seggio. Un lungo applauso accompagnò la proclamazione e dalla sala gremita si levò un coro: << discorso ! discorso ! discorso!>>.
Era d’uso che il Presidente eletto, che prendeva da subito in mano le redini del Circolo, rivolgesse un saluto alla platea e pronunciasse per sommi capi quali sarebbero state le sue politiche e le azioni programmatiche.
Il triumvirato si portò dietro al banco della presidenza, Totò rimase in piedi, Don Ninì insieme al segretario si sedettero ai lati e Totò prese la parola:
<< Carissimi soci, innanzitutto vi ringrazio per la fiducia che avete riposto in me, saranno due anni di impegno e sarà mia premura cominciare a mettere ordine in molte cose>>.
La sala ammutolì. Don Ninì, che era seduto accanto, intuì che un discorso duro avrebbe sollevato dubbi anche in coloro che li avevano votati e in maniera discreta tiro la coda della giacca di Totò per fargli capire di essere breve senza toccare temi sensibili. Totò, immerso in una luce di potenza, continuò:
<< Proporrò al direttivo nel giro di qualche giorno di approvare il “divieto di fumo” in tutte le sale…>>. Non finì la frase che un brusio in sala aumentò al punto di interrompere il discorso, qualche voce in dissenso si alzò. Don Ninì aumentò i “tiramenti di giacca”, conosceva bene gli astanti e prevedeva le reazioni.
Totò non volle sentire ragioni:
<< Proporrò che a padrone e sotto si potrà giocare solo di domenica e festivi e con tavoli non superiori a cinque giocatori…>>
A sto punto i rumori delle sedie, le voci e imprecazioni dei soci coprirono le parole, le bordate dei fischi arrivarono da ogni dove. Don Ninì si alzò e urlò nell’orecchio di Totò:
<< Totò ssettati pe favuri! >>
Totò, imperterrito, continuò:
<< Per i morosi saranno presi provvedimenti in tempi rapidissimi con sospensioni che possono essere anche di mesi…>>.
La sala a questo punto ruppe ogni indugio e cominciò a imprecare contro i neo eletti.
Don Ninì non tenne più si alzò e senza indugiare:
<< Ssettati Totò ca ‘ndi caccianu puru i soci!!>> .
In effetti lo scenario che avevano davanti non faceva presagire nulla di buono col rischio, non solo di ammutinamento da parte dei soci, di trovarsi radiati anche dall’essere soci.
A riprova che le regole vanno bene solo se applicate a qualcuno a cui si possa guardare, mai su di noi.
A nu parmu du me…..