La storia di Oppido passa anche
attraverso molte figure che hanno segnato la memoria di tanti Oppidesi.
A tanti concittadini i personaggi
che citerò non diranno nulla, a tanti altri faranno tornare in mente, se non il
personaggio stesso, alcuni modi di dire.
Ho attinto tutte le informazioni
dalla collana “QUADERNI MAMERTINI ” n°
54 del Prof. Rocco Liberti edito da
Litografia Diaco 2005.
Al professore Liberti rivolgo un
ringraziamento per aver tenuto nella memoria di molti quei tratti paesani che
altrimenti sarebbero andati nel dimenticatoio.
Nel rispetto della condizione dei
personaggi che citerò, cercherò solo gli aspetti storici e di costume.
Personaggi:
U ‘ZZI LEU
Vestiva come un poveraccio, forse
era la sua condizione, ma faceva il banditore, il suo nome era Leo Sagoleo ed
era originario di Africo.
Abbiamo ereditato un modo di
dire: MI PARI O ‘ZZI LEU come per dire: sei proprio messo male.
Muore a Oppido nel 1937.
STORTU I PINNERI ( m. 1906)
Era figlio del medico Matteo
Pinneri, proveniva da Sinopoli, e viveva una condizione particolare.
Nel linguaggio comune di allora con
“ Pari u stortu i Pinneri “ si indicava colui che stentava a rapportarsi con
gli altri.
PETRU e PEPPI,
personaggi contemporanei con difficoltà. Alcuni giovinotti scapestrati li inducevano a
litigare tra loro. Il primo sostava sempre in Piazza Mamerto, il secondo (
Pietro Nicotera) arrivava da Tresilico.
DON ALFONSINO ( 1879- 1936)
Don Alfonso Sposato, di famiglia
benestante, perse le staffe dopo l’abbandono della moglie Rosaria Riccardo che
aveva sposato nel 1905. Non tollerava le provocazioni quindi guai a insultarlo.
Chiedeva come elemosina solo un “soldo”, ma diventava irascibile se qualcuno gliene
porgeva due, poiché diceva di non voler essere considerato un pezzente. Riporto i
passi di una canzone popolare che lui rivolgeva alla moglie lontana:
Ah! chi m’amasti a fari, chi
‘m’hai focu
Sendu chi mi volivi abbandunari
Tu ti parivi ca l’amuri è giocu
L’amuri è focu e non si po’ stutari…
CICCIU SAVICA
Francesco Savica, di famiglia
benestante, conduceva le sue giornate fuori dagli schemi e spesso dormiva in
giacigli di fortuna o all’aperto. Di animo buono, girava sempre scalzo, si
rendeva servizievole con coloro che gli chiedevano commissioni per cui riceveva
piccoli riconoscimenti in monete o altro.
Veniva apostrofato : TRITTRU O TRITTRU
SAVICA.
Muore nel 1944
GUSTINACCIO
Ha fatto per tanti anni lo
spallone conducendo a piedi oltralpe chi intendeva emigrare senza documenti.
Uomo possente, erano proverbiali le sue passeggiate oltre la frontiera.
Agostino Latorre fa la spola tra
Francia e Italia, muore a Oppido nel 1962.
PEPPI A
’MMENDULA
Di condizione povera andava in
giro per i vari paesi e contrade declamando la storia dell’”avanzamento”.
Memorabile è la ballata che Ciccio Epifanio ha composto per ricordare la sua
storia. Si sentiva in credito con la società di allora, e a modo suo declamava
una sorta di “giustizia sociale”. Si dice che avesse perso un figlio in tenera
età a causa di un pentolone di acqua bollente rovesciatasi addosso; si dice
pure che scappasse alla vista di pentoloni.
Si chiamava Giuseppe Callea (
1873-1961) e il soprannome A ‘Mmendula gli
era stato dato per le generalità della madre: Giovanna Amendola.
PEPPI ‘N DIU
Aveva l’abitudine di andare a
dormire nelle nicchie del cimitero. A chi chiedeva cosa facesse rispondeva:
CIUCI CACCIU E CIUCI MENTU ( croci tolgo e croci metto). Nelle nottate di
freddo toglieva le croci di legno dalle tombe per accendere il fuoco e il
giorno dopo si adoperava a farne altre per rimetterle dove le aveva levate.
RROCCU BARABBA
Banditore, vittima anch’esso dello scherno di tanti
ragazzi che lo insultavano con una cantilena: “Rrocchiceju u capu guardia, figghju du canonicu Guida, pallina i
gazzosa etc.”
Lui rispondeva : “a pputtana di vostri mammi !”
Poi veniva consigliato di non
incazzarsi, si convinceva e alle successive cantilene rispondeva ( ma solo per
qualche minuto) : non m’incazzu ! t’issi
ca non m’incazzu !
La calma durava poco e quando non
ne poteva più ritornava a dotare le mamme di chi lo insultava.
NDREPPI
Altro personaggio oppidese,
nell’uso comune dire “ pari a Ndreppi” significava essere messo molto male nel
vestire.
U CAVAJU DU MASTRUZZU
Il Cavallo del “Mastruzzu”
(mastrucolo, piccolo mastro , al secolo Francesco Tripodi, Oppido 1896 - Genova
1949) era una bestia piena di piaghe e portatore di tanti acciacchi .
Si dice che nei tragitti in cui
nessuno vedeva il suo incedere, il cavallo arrancava con fatica e faceva pena
solo a vederlo, ma non appena arrivava nei centri abitati il conducente ( U
Mastruzzu) per via delle “virgate” lo
faceva apparire baldo e fiero.
Per cui il modo di dire “ Pari o
cavaju du Mastruzzu" si confà a coloro che in presenza di altri si mostrano
baldi e fieri e poi in privato palesano la loro debolezza.

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