lunedì 24 aprile 2017

25 Aprile, le ultime ore prima della liberazione




In quel giorno fu liberata Milano, ma la resa è stata il 29. L’alba era cominciata: la gente, stanca di guerra, aveva una gran voglia di ricominciare

di Francesco Ghidetti

Perché il 25 aprile viene celebrata la festa della Liberazione? Perché proprio quella data e non altre? La spiegazione convenzionalmente accettata è perché, in quell’oramai lontanissimo giorno del 1945, venne liberata Milano, la città che maggiormente, data la struttura economica, avrebbe fatto rinascere dalle macerie del fascismo il nostro Paese.
In realtà, la guerra continuò per alcuni giorni. 
Torino e Genova furono “depurate” da nazisti e repubblichini il 26. Piacenza il 28. L’atto di resa ufficiale dell’esercito tedesco reca la data del 29. In mezzo, la cronaca narra la fine del maggiore protagonista in negativo della guerra civile italiana (espressione, sia detto per inciso, coniata non dalla storiografia di destra, ma da Ferruccio Parri, l’antifascista laico e azionista, tra i primi presidenti del Consiglio dell’Italia liberata): Benito Mussolini
Il 17 aprile il Duce era arrivato a Milano - la città in cui nel 1919 aveva fondato i Fasci di combattimento in piazza San Sepolcro - dopo il crollo della “linea Gotica”. E fu proprio a Milano che, attraverso la mediazione dell’Arcivescovado, si cercò una soluzione politica per porre fine a tutto. Ma l’incontro del pomeriggio tra Mussolini, i rappresentati del Comitato di liberazione nazionale, il generale Raffaele Cadorna, comandante del Corpo volontari, si concluse senza alcun accordo. Mussolini parte verso Como. 
Nel corso degli anni sono state fatte mille ricostruzioni, più o meno fantasiose, sui reali progetti del Duce. C’è chi ha parlato di una fuga in Svizzera, chi in Spagna (dove però Francisco Franco, il Caudillo spagnolo generosamente aiutato da Mussolini in occasione del golpe del ‘36, non voleva accoglierlo), chi della famosa “ridotta della Valtellina” nel sacrificio estremo e disperato di un’impossibile “resistenza’’ (agli Alleati e ai partigiani) assieme a un pugno di fedelissimi. Probabilmente nessuna delle tre ipotesi è credibile. 
Mussolini sapeva che la sua storia (che, mai dimenticarlo, aveva visto gli italiani in stragrande maggioranza dalla sua parte) era giunta al termine e che ora c’era voglia di democrazia e, soprattutto, di pace. Anche sulla sua morte ci sono stati annosi dibattiti. Di sicuro il dittatore fu giustiziato il 28 aprile dai partigiani su ordine del Comitato di liberazione nazionale. Quanto poi gli Alleati lo volessero vivo, ci sarebbe da discutere a lungo. In realtà, a nessuno, e in particolare agli inglesi, conveniva averlo protagonista in un processo pubblico. 
Forse - anzi: sicuramente - sarebbero usciti particolari “scottanti” tra statisti (Mussolini e Churchill, a esempio) non troppo nemici come si voleva far credere. Per questo, al di là di tutte le dietrologie, come scrive lo storico Giovanni Sabbatucci “la verità è che Mussolini fu ucciso dai partigiani perché era importante che fosse la Resistenza ad assumersi l’onere dell’esecuzione; e perché, in caso di consegna agli Alleati, ci sarebbe stato un processo che avrebbe chiamato in causa responsabilità e complicità diffuse, in un momento in cui i governanti italiani tendevano a separare le responsabilità del Paese da quelle del fascismo”. 


Comunque, l’alba era cominciata. La gente, stanca di guerra, aveva una gran voglia di ricominciare. Per questo è importante rammentare che i nostri padri della Patria - protagonisti di una Resistenza che fu comunque un’azione di élite - vollero esplicitamente una festa che fosse di tutti e per tutti. Per assaporare la riconquistata libertà. 
Per la cronaca: la scelta del 25 aprile venne fissata con tanto di legge, la n.260 del maggio 1949.

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