martedì 18 settembre 2018

A Lampa



(Di Franco Borrello)

Ci insegna la saggezza popolare che “lu santu ch’è di marmuru non suda”, ma San Rocco, che era di legno e non di marmo, da qualche giorno aveva cominciato a sudare. E siccome sul sudore dei santi di legno la saggezza popolare non si era mai pronunciata, la gente non sapeva che cosa pensare.
Prima che qualche vecchietta gridasse al miracolo, mastro Ciccio, che di legno se ne intendeva, si affrettò a spiegare l’arcano. Era un problema di stagionatura e di cattive vernici: non c’era rimedio. Infatti, tempo un mese, la statua aveva tante di quelle crepe e scrostature che, piuttosto che ripararla, conveniva farla nuova. E così si fece. La statua nuova fu sistemata accanto all’altare e la vecchia accantonata vicino al confessionale. Ma non tutti gradirono.
Nella tradizione bizantina, per distinguere santi con lo stesso nome vissuti in epoche diverse, spesso a distanza di centinaia di anni, si aggiunge l’appellativo “giovane” o “vecchio” (san Nilo il giovane, san Nilo il vecchio).
A Bova, con questi due appellativi, non due santi si distinsero, ma le due statue: Santu Roccu “lu giuvini” , Santu Roccu “lu vecchiu”. 
Due santi, due partiti. I “progressisti” che accendevano entusiasti i loro ceri davanti alla statua nuova, i “conservatori” che continuavano ad accenderli davanti alla vecchia. In più, gli immancabili opportunisti che, per tenersi da due rami, li accendevano davanti a tutte e due cominciando dalla vecchia, per riguardo dell’età. 
E così, mentre vi era chi bestemmiava Santu Roccu lu vecchiu, convinto che ormai non fosse più peccato, altri, invece, proprio a lui si rivolgevano per invocare grazie, rassicurati dalla sua maggiore esperienza.
Tra questi, il più fanatico era mastro Rocco che il giovane neanche lo guardava, mentre col vecchio era tanto in confidenza che gli parlava di tu a tu e addirittura, una volta che avevano avuto da dire, gliele aveva pure cantate.
Ecco come erano andate le cose: quando Santu Roccu “lu vecchiu” era, diciamo così, titolare, ai suoi piedi ardeva sempre una lampa ad olio ed era proprio il devoto mastro Rocco, che del santo portava il nome, che provvedeva a rabboccarla.
Finché, come fu e come non fu, da un bel giorno l’olio cominciò a sparire. 
Molti ricorderanno che nel “San Giovanni Decollato” uno scomunicato, facendo finta di pregare «Bagnare pane, Madonna, ahum ahum, bagnare pane, Madonna, ahum ahum», inzuppava nell’olio della lampada un pezzo di pane e poi, pian piano, se lo mangiava.
E mastro Agostino lo smascherò col “pepe spezio macinato”.
Lo scomunicato di Bova, invece, non fu mai pizzicato e, così, l’olio continuava a sparire. Mastro Rocco, per non lasciare il santo al buio, provvedeva a versarne dell’altro. Certo, a San Rocco, che in vita tanto bene aveva fatto ai poveri, la cosa non poteva dispiacere ma a mastro Rocco, che quell’olio se lo toglieva dalla bocca, dispiaceva, eccome. 
E così, un bel giorno, smise di rabboccare la lampada, e incazzato se la prese pure col santo:
«Esù theli, Aio Rocco, na mini sto scotìdi: mandè ton embisikkeggue!» 
(Tu voi, santu Roccu, mi resti allu scuru: sinnò lu ssiccavi!).
( Vuoi tu, San Rocco, rimanere al buio: avresti potuto farlo morire)

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