giovedì 20 settembre 2018

L'asino, il riso e la morte.






Ci sarebbe da sganasciarsi dalle risate a sentir soloni pontificare intorno alla politica, stregoni ed apprendisti tali; un coacervo di singoli neuroni erranti scappati dalle calotte craniche che imperversano e invadono il cosmo dei social e delle TV. All’apparenza sembra che non arrechino danno alle menti monde, ma la trappola è là, dietro l’angolo.
Allora ploriamo sommessamente e lasciamo il riso a chi ha l’animo minchione, pronto (e inconsapevole) a rischiare la vita.
Sì, di riso e di risate si può morire, così come capitò a Crisippo.
Si narra che Crisippo ebbe il mancamento mortale dopo aver visto il suo asino mangiare fichi e dopo aver ordinato alla sua governante di dare da bere al ciuco del vino dolce non tagliato con l’acqua. Il conseguente “volteggiare” del somaro, ormai colmo di fichi e vino, scatenò nel filosofo una grassissima risata che lo accompagnò alla soglia dell’aldilà. 
E Crisippo non era un babbano. Vissuto nel III secolo a.C., sofista per eccellenza tra i fondatori della scuola di pensiero dello stoicismo; era poco avvezzo ai bagordi e ogni sua azione era dettata dalla ragione e dalla logica del pensiero.
Non disdegnava di predicare che le passioni vissute nella maniera indisciplinata, frutto della mancata applicazione della giusta dose di ragione, possono inevitabilmente condurre ad aberrazioni.
Come potete immaginare aveva tutti gli anticorpi per misurare gli eccessi, ma alla vista dell’asino, caracollante per l’avvinazzo, mollò gli ormeggi e lasciò questo mondo.
Non ridiamo quando sulla nostra via (o schermo) ci si imbatte in asini “inciuchiti” e “imborracciati”, tronfi di cazzonaggine, potrebbe essere letale al punto di trovarci, in un battibaleno, annichiliti nello spirito e nel corpo.
E pensare che gli antichi greci sostenevano che il vino dolce (non annacquato) portasse dritto alla pazzia, per questo motivo lo facevano sposare con l’acqua.
Cosa potremmo fare per mitigare l’azione degli imbelli? 
Tutto si può annacquare, ma sarebbe complicato frenare le uscite di colui che si potrebbe definire con l’anagramma del termine BEATO.
Non ci resta che piangere.
Un pensiero a Troìsi e un saluto a Benigni.

Nessun commento:

Posta un commento